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Il Mondo del Volontariato: Irlanda e Italia a confronto

Scritto da Gaia Garofalo

Che la gente d’Irlanda sia riconosciuta come tra le più conviviali d’Europa, è un dato abbastanza rinomato.

Ma al di là della sua aria bonaria, e dei comuni stereotipi che aleggiano nell’immaginario collettivo, l’Irlanda dimostra di “spendersi” molto nel mondo dell’associazionismo e volontariato.

Sembra, infatti, che già da studenti si entri a far parte di attività di volontariato previste da un preciso piano didattico, quindi non da intendersi come extra curriculari e/o collaterali allo sviluppo dell’adolescente.

Quello che emerge dal Central Statistic Office è che “occuparsi dell’altro” in Irlanda è una buona pratica che s’impara molto presto all’interno delle proprie comunità, scuole e famiglie. E sembrerebbe che questa palestra all’empatia rimanga in costante esercizio durante la durata di tutta la vita.

Numeri alla mano: circa il 28% della popolazione Irlandese si spende almeno ad un’attività di volontariato (dato relativamente alto, se pensiamo che l’Italia è ferma al 12%, nonostante l’organizzazione del mondo del volontariato resti uno dei fiori all’occhiello del nostro Belpaese).

Altro dato che dimostra uno stacco netto tra il modo di intendere il volontariato a casa nostra da quello Irlandese, è la partecipazione.

Se in Italia, infatti, ci si interessa al mondo del volontariato e associazionismo alla vigilia della pensione, in Irlanda oltre ad iniziare presto (prima dei 18 anni), è la fetta dei 23- 35 anni ad essere in realtà la più grossa, se non la più attiva come dimostrato nel riquadro.

Volunteering Statistics

Uno dei motivi per cui questo trend rimane molto alto è che sempre più aziende e compagnie (multinazionali in primis) prevedono nei loro contratti delle ore che ogni dipendente può decidere di usare per collaborare a diversi progetti all’interno di associazioni, dando ovviamente evidenza del contributo svolto.

In genere hanno degli acronimi simpatici, uno di questi è per esempio VTO, Volunteer Time Off.

Sotto in esame, vi parleremo di alcune delle associazioni di punta che si rivolgono ad aziende private/multinazionali in termini di tempo e capitale umano.

Esiste, per esempio, la realtà di SOLAS, che si occupa principalmente di supportare l’educazione scolastica ed extrascolastica di quei ragazzi (13-18) provenienti da situazioni familiari compromesse e difficili.

Tutors/ coaches/ mentors o aspiranti tali, sono ben accetti a fare da sorta di talent-scout per questi ragazzi e condividere il loro sapere, invitandoli sul proprio posto di lavoro, aiutandoli a credere nelle proprie capacità nel sviluppare un progetto personale e dando loro visione di alternative che, altrimenti, non avrebbero modo di conoscere.

Solas Students

E poi ci sono associazioni come CASA, che si occupa di attività ricreative e d’intrattenimento di ragazzi considerati come “diversamente abili”.

Non è ormai un mistero che certe multinazionali e start -up (rispetto ad aziende più di vecchia scuola) hanno a cuore il benessere psico-emotivo dei propri dipendenti e cercano di fare del loro meglio per dimostrarlo creando degli spazi interattivi nel posto di lavoro, dov’è possibile giocare alla playstation, sfidarsi a colpi di ping-pong, o lanciarsi in una battaglia di lip-sync al karaoke.

In questo “contenitore sociale” c’è spazio per tutti: i ragazzi Casa, accompagnati dai volontari e dalle famiglie sono invitati a questo appuntamento su base mensile, ed è incredibile pensare come questa sia una situazione “win-win” per tutti.

L’azienda rinsalda i suoi valori (qui li chiamano “Cultural Values”), i ragazzi si divertono, i familiari si distendono e si godono la serata, e i dipendenti a volte troppo concentrati su “problemi” di target e produttività, trovano il modo di ridare il giusto valore alle cose.

CASA Volunteers

Riguardo all'autore

Gaia Garofalo

Social Media Coordinator || Web Content Writer