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Eurovision 2024: il racconto della prove e pagelle finali

Angelina Mango - Eurovision 2024
Scritto da Igor Scapinello

Arrivo da Copenaghen e appena arrivo una notizia: siamo isolati in Svezia perché hanno chiuso il ponte con la Danimarca per proteste per la guerra tra Israele e Hamas. Non so al momento che scrivo quando potrò tornare nella mia casa di Copenaghen. A Malmö trovo un sole che spacca le pietre, un clima che ti fa venir voglia di andare in giro nudi come il giorno che siamo venuti al mondo, e poi ti trovi a sbirciare qualche temerario che si crogiola al sole nei parchi con tanto di petto all’aria. Ma guarda un po’, è la Malmö che ti stupisce, quella che accoglie il pubblico in questa giornata di prove, come se stessimo preparando l’assalto al castello invece che una semifinale dell’Eurovision.

Le prove

Eurovision 2024, abbiamo visto le prove della seconda semifinale, ella Malmö Arena dove si prepara la serata di giovedì 9 maggio. Ci siamo infilati dentro, tra altri duemila e passa giornalisti, fotografi e operatori che arrivano da chissà dove. Eh sì, perché l’Eurovision è il circo televisivo più seguito dopo le partite di calcio e le Olimpiadi, quindi c’è un sacco di gente pronta a sbirciare. La Malmö Arena è là fuori, in una specie di deserto urbano, il primo porto di scalo per chi arriva con il treno da Copenaghen, la Danimarca a un passo dietro l’angolo. Uffici, centri commerciali, grattacieli futuristici, è tutto lì. Ci hanno accompagnato dentro come un branco di studenti in gita scolastica. Le prove saranno una specie di prova generale, tipo prove tecniche di uno spettacolo, ma senza fronzoli. Un po’ di relax nell’aria, almeno per le due conduttrici Petra Mede e Malin Åkerman, che hanno deciso di darci dentro coi veri vestiti da palco. E loro, con la differenza che hanno optato per le scarpe da ginnastica, i tacchi possono aspettare.

Salutiamo le varie delegazioni dei Paesi, e in cambio riceviamo grida e applausi da far impallidire un concerto di rock. Poi c’è Malin Åkerman che ci fa il verso agli italiani: “Ci sono italiani?”, chiede in inglese, e ovviamente c’è il coro di approvazione, “sono così contenta di trovarvi qui”, continua in italiano, “così posso spararvi un po’ di parole nella vostra lingua, che ho imparato, sapete sono stata sposata, o meglio sposata, scusate, con un italiano: mio marito era di Napoli, ma si può dire italiano anche se è di Napoli?”. Silenzio tombale. “Ma sono proprio felice di trovarvi qui, così potete portarmi un po’ di pasta e una pizza napoletana, che mi piace ancora un sacco”. Meno male che non lo ripeterà in diretta, eh Malin?

E poi arrivano i sedici artisti, uno dopo l’altro, con un po’ meno trash rispetto alla prima semifinale. Oro e argento la fanno da padrone tra le cantanti, e c’è un’abbondanza di stivali fino a metà coscia, compresi quelli dei ballerini della spagnola Zorra, qui come ospite perché ha già preso il biglietto per la finale. Entrano in scena vestiti da businessman e poi, come per magia, si ritrovano in slip e tacchi a spillo. Roba da Eurotrash.

Tra le stranezze, c’è la minigonna dello svizzero Nemo che sembra fare equilibrismo su una piattaforma rotante grande quanto un’antenna parabolica. L’austriaca Kaleen fa l’effetto “caldo-freddo” con gli stivali alla coscia e un body argentato. E l’armena Ladaniva sfoggia una minigonna decorata con motivi etnici, a metà tra il moderno e il tradizionale, come piace all’Eurovision. Nessun intoppo durante le prove, anche se ci siamo preoccupati un po’. Il problema è che alcune scenografie sono più complicate di un rompicapo: sia il lettone Dons che l’israeliana Eden Golan hanno un anello da far girare, quello di Dons è enorme e leggero ma diviso in due, e i tecnici ci stanno perdendo un po’ di tempo a smontarlo. Quello di Eden Golan deve pesare come un masso, perché lo portano via su carrelli con le ruote. Tornano in scena anche le band: c’è quella di San Marino con gli spagnoli Megara, con ballerine vestite da scheletri e la cantante che si spoglia fino a mostrare una corazza come quella di un’iguana. Per fortuna che c’è la musica. E premio stravaganza va all’olandese Joost, con spalline tipo robocop, niente a che vedere con gli anni Ottanta. E con lui c’è un musicista vestito da gallina ma con il cerchio di stelle simbolo dell’Europa sul petto. Il brano si chiama Europapa, e sembra che dietro questa performance ci sia una promessa fatta da bambino al padre. Che tenerezza.

La finale

Ah, l’Eurovision, quel meraviglioso momento in cui l’Europa si unisce per celebrare la musica… e per litigare come bambini nel cortile della scuola. Un garnde circo. La finale dell’Eurovision Song Contest inizia con l’esclusione dell’artista olandese . Joost Klein, l’olandese sfortunato, viene bandito dopo un incidente misterioso e una denuncia da parte di una produttrice. Scommetto che il palcoscenico non era abbastanza grande per entrambi!

Poi c’è l’Irlanda, il cui rappresentante decide di fare la sua protesta contro Israele per via dei commenti scatenati prima della sua performance. Un conduttore dell’emittente istraeliana Kan aveva detto di fare attenzione ai bambini perché la performance di Bambie Thug sarebbe stata “spaventosa”, con tanto di “magia nera, incantesimi, simboli satanici”, aggiungendo che all’artista irlandese “piace parlar male di Israele” e dunque “preparate le vostre maledizioni”.È bello vedere che anche i grandi eventi internazionali possono diventare campi di battaglia politici. E per finire, Alessandra Mele, cantante italo-norvegese, si tira fuori proprio all’ultimo minuto, citando un genocidio in corso e chiedendo amore e solidarietà per la Palestina. Anche rappresentante della Finlandia si sfila. Nel mentre fuori dell’arena inziano gli scontri e la polizia decvide per lo sgobero. Che brusco risveglio dalla festa europea della musica!

Davvero, l’Eurovision non delude mai quando si tratta di drammi e controversie. Ma alla fine, la vera domanda è: chi ha vinto? E chi è ancora rimasto per dare i voti

Venghino signori. Venghino. La kermesse prende il via. Questa e’ la scaletta con i miei generosi voti che piacerenno poco al direttore di Radio Dublino.

Svezia, Markus & Martinus con Unforgettable 6

Sarà piena sindrome di Stoccolma – o meglio, di Malmö – ma stasera questo act così contemporaneo e weekndoso cresce e mi piace, benissimo siano i padroni di casa ad aprire le danze. Ed anche il momento alla Daft Punk mi piace. Sarà che sono stanco dalla giornata di notizie continue? Loro comunque sono più a fuoco e precisi della prima performance.

Ucraina, Alyona Alyona & Jerry Heil con Teresa & Maria 5

Un brano che inneggia a Madre Teresa e alla Vergine anche a tempo di rap, un brano dalla veste tradizionale e dal sapore nazionalista.

Germania, Isaak con Always on the Run 3

Altro che grower, nonostante la performance sensibilmente migliore, è riuscito ad annoiarmi di più. Non pensavo fosse possibile. Bella voce eh, ma che palle il fuoco, le fiamme, il Samsmithismo.

Lussemburgo, Tali con Fighter 6

Dal Lussemburgo, Tali cantain francese con la produzione dell’italianissimo Dardust, lo stesso di Angelina Mango. Tali Golergant è una cantautrice e ballerina israeliana con cittadinanza lussemburghese ma è un concentrato di esperienze internazionali: per il lavoro del padre, ha vissuto in Cile e Argentina ed è cresciuta a New York.

Israele, Eden Golan con Hurricane 9

Di nuovo l’anello, di nuovo le nuvole, il pezzo c’è e lei lo interpreta molto bene. Oltre a dare prova di una bellissima voce. Il brano migliore dell’evento.

Lituania, Dons con Hollow 6

Anche il brano del lituano Silvester Belt farà faville in palestra. Ballabile, molto ritmato ma con arrangiamento esile.

Spagna, Nebulossa con ZORRA 7

La gente già la conosce, canta un verso a voce piena, come fossero delle Eurovision legend. Lei ha il ruolo che avrebbe avuto Loredana Bertè se fosse andata in gara con Pazza: la non più giovanissima che però je dà ‘na pista a tutti gli altri, per performance ma anche in quanto a contemporaneità della tematica della canzone. E alla finale, il percepito è ancora più forte.

Estonia, 5MIINUST x Puuluup con (nendest) narkootikumidest ei tea me (küll) midagi 8

La traduzione del titolo è “We (really) don’t know anything about (these) drugs”, non sappiamo nulla di queste droghe. Pezzo dunque vagamente antiproibizionista. L’hanno definita la canzone sulla droga ma forse si tratta solo di sostanze ricreazionali. C’è il pericolo che la coreografia minimale faccia proseliti. Un punto in più pe ril titolo.

Irlanda, Bambie Thug, con Doomsday Blue 9

Nonostante i riferimenti diabolici e le atmosfere da seduta spiritica, nonostante le urla disturbanti, il pezzo è tra i migliori. Nel mondo di forzate hit radiofoniche che vogliono per forza piacere a tutti, Bambie Thug è lə reginə del lato oscuro, direttamente dall’immaginario più di Billie Eilish che dal satanismo che qualche giorno fa volevano attribuirle. È la cugina dark vestita di nero al matrimonio, che da un momento all’altro potrebbe rovinare tutto, ma anche quella a cui vogliamo più bene. E che si batte per la giustizia. Tutto bello.

Lituania, Sylvester Belt, con Luktelk 5

Guadagna mezzo punto per una maggiore convinzione, ma rimane una poppata generica ben eseguita che purtroppo non lascia tantissimo.

Grecia, Marina Satti con ZARI 6

Tradizione e modernità come richiesto per Eurovision. Etnicità e Mediterraneo per un brano ritmatissimo che, dopo un inizio tradizionale con tanto di passi di danza sirtaki, ruba il tempo a una canzone araba. Lei, padre sudanese e madre greca, cresciuta a Creta, veste una gonna argentata e un top bianco, gli stivali di pelle nascondono il fazzoletto bianco che poi sventola insieme ai quattro ballerini. Una fiche lanciata verso il podio.

UK, Olly Alexander, con Dizzy 6

Ipotesi concretizzata: con qualche stecca in meno, sembra un act credibile anche per il Regno Unito, che ha sfornato i Beatles e i Take That e chiunque altro e all’ESC non hanno mai mandato manco un Ed Sheeran, una Lily Allen, qualcuno con qualche credibilità. Olly però porta a casa un risultato che non riporterà l’ESC in Inghilterra di certo, ma almeno una buona figura.

Norvegia, Gåte con Ulveham 5

Altra band altro scoglio, si parla di fratricidio, di una matrigna, suoni cupi per una storia drammatica, il pezzo però, nonostante i continui crescendo, non ha mai un’apertura coinvolgente.

Italia, Angelina Mango con La noia 8

Sarebbe facilissimo dire che è campanilismo. Avevo previsto una crescita ulteriore da semifinali a finali, ma volendo essere tecnici: stavolta Nina era ancora più concentrata, si è alzata meglio dal pavimento durante la coreografia, con una voce ancora più chiara e precisa. La parte a cappella ha esaltato l’arena, e lei l’ha cantata in maniera più spontanea, con qualche sboronata lecita e che ci sta, con quel talento. Non dico che possa riportare l’Eurovision a casa, ma di sicuro ha fatto fare una gran bella figura all’Italia del female pop in Europa. E, sul finale ha urlato: “la vita è preziosa”.

Serbia, Teya Dora con Remonda 5

Scenografia ridotta al minimo di uno scoglio, voce potente per un pezzo malinconico ma ben interpretato, dallo scoglio nasce un fiore.

Finlandia, Windows95Man con No Rules! 8

Nome pronto per chat anonime, il cantante esordiente Windows95man dalla Finlandia, ovvero l’artista visivo e dj Teemu Keisteri, è davvero senza regole: il brano è poco più che un pretesto per presentarsi sul palco all’interno di un uovo che si schiude, lui ne esce con tanto di sandali e calzini corti, maglietta bianca e cappellino in tono, per il resto apparentemente nudo, o quanto meno in perizoma color carne, almeno si spera.

Portogallo, Iolanda con Grito 7

Brano molto bello e intenso. Anche qui modernità e tradizione, c’è persino un fondo di fado.

Armenia, LADANIVA con Jako 8

Pezzo tradizionale, etnico, con band chiaramente in playback con batteria, basso, due fiati e flauto e balalaika. Lei in minigonna ma con taglio tradizionale, come estetica di Eurovision comanda.

Cipro, Silia Kapsis con Liar 5

Una di quelle canzoni in cui il ritmo si è mangiato praticamente tutto il resto. A disegnare la melodia è rimasta solo la voce. Quel tipo di pezzi battenti che faranno faville in certe palestre o nelle sedute di acquagym. Non è un caso se la 17enne Silia Kapsis, australiana di origini cipriote, ha lavorato più come ballerina che come cantante.

Svizzera, Nemo con The Code 7

Nemo, il cantante svizzero, arriva indossando una gonna e una pelliccia sintetica con scarpette da ginnastica e lacci rosa di pizzo in tinta con il resto. Si arrampica su una specie di antenna parabolica rotante e quando la canzone diventa vagamente il tema di un film della saga 007, stupisce per il modo in cui riesce a tenersi in piedi. Anche da Nemo una fiche lanciata sui tre gradini del podio.

Slovenia, Raiven con Veronika 6

Stasera strilla meno e ha più precisione. Bene così. Sai che bello scoprire che in realtà parla di Veronica Lario?

Croazia, Baby Lasagna con Rim Tim Tagi Dim 8

Esiste già la coreografia per TikTok?

Georgia, Nutsa Buzaladze con Firefighter 4

Fasciata in un vestitino dorato come un cioccolatino, Nutza propone un balletto tra fuoco e fiamme che riscaldano gli spalti fino alle ultime file. Ancora il tema dell’anello anche se in questo caso solo grafico sullo sfondo. Un cerchio di fuoco e fiamme per il pompiere del titolo. Alla fine si alza una pedana senza un vero perché, ma la canzone dov’è?

Francia, Slimane con Mon amour 2

In prova ha fatto un discorsone sulla pace, stavolta invece non si esime dall’allontanarsi 3 metri dal microfono e fare l’elicottero col…ehm…con le corde vocali. Insopportabile, gli vogliamo un filo più di bene di prima, ma sempre insopportabile.

Austria, Kaleen con We Will Rave 6

Buttato via il pesante cappotto, perché a queste latitudini non si può mai escludere del tutto, Kaleen scopre gli stivali alla coscia e un body argentato: coreografie audaci con passaggi acrobatici per un rave decisamente commerciale. Applausi per l’impegno e il coraggio. Voto 5 per la canzone,  7 per la coscia.

Alla fine vince la Svizzera. Angelina Mango arriva settima e Bambie Thug sesta. Italia da 10 punti a l’Irlanda 0 punti all’Italia. Dopo lo stitico San Marino il caso di un’altra guerra dei punti con l’isola di Smeraldo? Anche no. Ci sono abbastanza guerre al momento. Mentre vi scrivo continuano gli arresti ai manifestanti (inclusa Greta Thunberg) fuori dall’arena dopo i fischi per Israele all’interno dell’arena. In sala stampa colleghi smarriti non sanno cosa fare. Meglio non pensarci pensiamo tutti e andiamo a bere e ballare. La notte è ancora lunga.

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Igor Scapinello