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I 10 migliori album del 2022

10 best album 2022
Scritto da Maurizio Pittau

Come ogni anno torna la tradizionale top ten degli album migliori usciti da gennaio a dicembre di quest’anno. Non si citano musicisti e cantanti di sicura rilevanza (Taylor Swift, Steve Lacy, The 1975, Björk, Arctic Monkeys, Manuel Agnelli, Verdena, Elisa) che sebbene abbiano realizzati buoni dischi non hanno bisogno di visibilità.

Quest’anno cerchiamo piccole perle in un mare di musica che quest’anno non è stato molto generoso comparato con il ricco 2021. Mentre l’anno scorso le tante nuove uscite erano state create prima della pandemia in attesa di renderle pubbliche come supporto dei concerti dal vivo (ormai gli album che nessuno compra più servono principalmente a promuovere i concerti dal vivo da dove arrivano i ricavi), quest’anno molti dei nuovi dischi sono stati creati durante i periodi di lockdown. L’impressione è che la pandemia abbia favorito scorpacciate di carboidrati e di Netflix, piuttosto che la creazione di capolavori musicali.

Migliori Album Internazionali

1) Alabaster DePlume – Gold

Uno degli album più impegnativi dell’anno non si occupa di rumore o aggressività, ma di compassione insistente nel mondo attuale. “Don’t forget you’re precious”, insiste il poeta jazz di Manchester su Gold, uno dei tanti mantra dell’album. Questi sono messaggi difficili da ascoltare per chiunque sia incline all’autocritica – e DePlume (AKA Gus Fairbairn) si annovera tra loro, mettendo a nudo la sua lotta per ricordare il proprio valore. In tal modo schiva il sentimentalismo che altrimenti potrebbe sopraffare un disco che vola alto. E la sincerità della sua missione è evidente nella sua applicazione nel mondo reale, con ritmi inquietanti, armonie vocali che accarezzano il cuore e fiati vulnerabili cuciti insieme impercettibilmente da giorni di improvvisazione con musicisti sempre diversi. Se non riusciamo a ricordare che siamo preziosi, sembra suggerire, essere in comunità con gli altri potrebbe ricordarcelo.


2) Sharon Van Etten – We’ve Been Going About This All Wrong

All’alba degli anni ’20, Sharon Van Etten, come tanti altri, ha iniziato a sentire la rivolta per la difesa del pianeta. Il suo sesto album è la sua risposta – non una furiosa polemica, ma un tentativo di rispondere alla domanda che pone su Darkish: “Where will we be when our world is done?” Tra un fragore di sintetizzatori e chitarre, scrive canzoni d’amore a suo figlio e al suo partner, cercando di fare pace con le sue ansie sulla maternità, il sesso e l’immagine di sé. Mentre l’album cresce con i magnifici Mistakes, lei scatena un torrente di dolore e gioia mescolati: “Even when I make a mistake / It’s much better than that!”


3) Big Thief – Dragon New Warm Mountain I Believe in You

Mentre i Big Thief stessi possono diventare un po’ noiosi – uscire con cose come “we’re one big organism”, “it felt like we were inside a giant guitar”, o qualsiasi altra cosa – la loro musica rimane un tonico per l’anima. Dragon New Warm Mountain I Believe in You traccia nuove strane, solide pianure sperimentali: un hoedown alimentato da un’arpa da ebreo da cartone animato, un lamento funebre trip-hop nocivo e una canzone, Little Things, la cui chitarra percussiva suona quasi come puntine da disegno che vengono versate da uno scatola all’altra. Come sempre, i testi di Adrianne Lenker sono sorprendentemente chiari nel loro mix di pedestre e poetico (“I wanna be the wrinkle in your eye / I wanna be the vapour that gets you high”) e lo stesso si può dire della musica stessa: Dragon New Warm Mountain I Believe In You è trasgressivo, stimolante e un perfetto ascolto di conforto.


Migliori Album Irlandesi

4) Fontaines DC – Skinty Fia

Skinty Fia quest’anno ha segnato la metamorfosi più radicale della band irlandese arrivata alla maturità con il suo terzo disco, intitolato Skinty fia, un’antica espressione irlandese che significa “la dannazione del cervo”. Non sono rimasti molti segni del punk travolgente del loro debutto; invece, il gruppo è diventato più riflessivo includendo note provenienti dalla fisarmonica folk irlandese a accenni di drum’n’bass. Guidati anche da notevoli cambiamenti geografici (la band ha lasciato Dublino per stabilirsi a Londra nonostante il loro nome: DC sta per Dublin City), le canzoni affrontano principalmente l’Irlanda e l’irlandesità dal punto di vista della diaspora irlandese all’estero, riconoscendo il desiderio della band di ampliare i propri orizzonti mantenendo forte il legame con la loro patria. Scavando nella disconnessione tra gli esseri umani ordinari e le strutture sociali, i Fontaines DC fanno sembrare universali argomenti insoliti e, come gli Smith, sanno che possono affrontare qualsiasi tipo di argomento scomodo – dagli abusi della casa di cura Tuam alle relazioni tossiche – se le melodie sono abbastanza forti.


5) The Mary Wallopers – The Mary Wallopers

Andrew Hendy aveva tre anni quando sentì sua sorella Charlotte cantare “Skibbereen”, la canzone popolare del XIX secolo sullo sfratto durante la Grande Carestia. Ora un uomo adulto, Andrew insieme al fratello maggiore Charles e all’amico Sean McKenna stanno reinventando le canzoni trad della loro infanzia e creando qualcosa di assolutamente avvincente e diverso per il loro omonimo album di debutto. I temi dei loro album riguardano l’oppressione, le difficoltà, l’emigrazione, ma anche l’annegamento dei dolori nell’alcol. “Building Up and Tearing England Down” di Dominic Behan è spiritoso e malinconico, anche straziante, in egual misura. Qui, i ragazzi di della contea di Louth cantano degli irlandesi che sono andati in Inghilterra in cerca di lavoro e di una vita (come il loro nonno materno Tom). Cantano di come in un tunnel sotterraneo “a young Limerick man was found… built into the new Victoria Line”, o di come Jack McCann sia caduto sulla diga idroelettrica fino alla sua morte, o di come Bald McCall sia caduto nella betoniera sul cavalcavia. “Though it wasn’t his intent, he got a fine head of cement…” Il dolore dell’emigrazione è sentito anche dai fratelli Hendy, poiché la loro sorella Ruth si è trasferita in Australia durante la recessione. ‘The Frost is All Over’, un’altra canzone tradizionale che risale a secoli fa, ha un’intensità pugilistica che ti farà battere il piede come non ha mai battuto da quando ha sentito i Pogues cantare ‘Sally MacLennane’ su Rum, Sodomy e The Lash in the metà degli anni ’80. Il trio di Dundalk con la loro chiassosa miscela di folk e punk ha un grande futuro davanti a sé.


6) HamsandwicH – Magnify

Il quarto album della band di Kells (e il loro primo album da Stories from the Surface è del 2015) è una produzione eclettica.  Incorporando influenze fresche e paesaggi sonori elettronici, la loro leggerezza non è stata attenuata. Si passa dal pop alternativo all’elettronica ambient pop,  dal alt.country e indie rock moderno (si pensi a Belle & Sebastian che incontrno i Radiohead). In collaborazione con il produttore Michael Heffernan (Dermot Kennedy, Ailbhe Reddy), HamsandwicH apre con “Electro Wave”. Infondendo synth-pop anni ’80 in un crescente crescendo di un ritornello. “Julian” aggiunge ha un riff di chitarra rockeggiante, mentre “Next Contender” ha sonorità indie. “Le Soleil” fa un ottimo uso di suoni tropicali per un affascinante brano pop, pieno di abbellimenti synth e ritmi intricati. La traccia conclusiva “Good Friday” include un toccante frammento del loro ex manager Derek Nally, scomparso nel 2010. Synthpop allegro e divertente e strati di psichedelia, americana, country, rock, indie e altro elevato Magnify sopra la media delle band irlandesi.


Migliori Album Italiani

7) Coma_Cose – Un meraviglioso modo di salvarsi

Uscire da un momento di difficoltà mettendo in ordine i sentimenti, le relazioni, le influenze artistiche, il tutto tenendosi la mano per salvarsi: California e Lama si raccontano nell’intimità di un disco che chiude un cerchio, tra cantautorato più convenzionale e scarabocchi rap, ritrovandosi, ancora una volta, insieme. Sono partiti nel 2017 da soli, sperimentando e giocando con la musica. Un’attitudine ludica e naif, nel segno di un sound originale, che non hanno mai perso, ma anzi allargato ad altri musicisti e collaboratori. Ed è così che “Un meraviglioso modo di salvarsi”, il terzo disco dei Coma_Cose, ha un’attitudine da band e una cura del suono particolare, più densa.


8) Delicatoni – Delicatoni

Questi quattro amici veneti sono una delle belle scoperte del 2022. Si erano prodotti un EP, Margherita, ora ecco il debut album che ha il loro stesso, stambo e lunare, nome. Che suona emotivo, vulnerabile, puro e prezioso, un piccolo incantesimo di gioventù. Jazz fresco, quel giusto tocco di sperimentazione, pop raffinato che sconfina nel soul. Più che un progetto musicale, Delicatoni è un modo di essere e di suonare: morbido, vulnerabile, umanissimo, dolce e confortevole anche quando decide di mostrare il proprio lato più acido.  Le sonorità eterogenee e multi-timbriche dei Delicatoni rispecchiano le diverse origini e influenze dei componenti, oscillando tra jazz, elettronica, soul, psych-pop e musica dance. Con questo album, la band propone una musica che è al contempo orchestrale ed elettronica, acustica e digitale, tradizionale e sperimentale, semplice ed elaborata, italiana ed internazionale. Sul palco sono numerosi e dinamici: due chitarre, un basso, un batterista, un percussionista, un trio d’archi, un sassofono, una sezione di sintetizzatori ed effettistica e una voce.


9) Nu Genea – Bar Mediterraneo

Se con il singolo Marechià, i Nu Genea avevano fatto capire a tutti, pure all’airplay, che la loro musica poteva essere “larghissima” e “altissima” al tempo stesso, il 2022 di fornisce la conferma che siamo di fronte a dei fuoriclasse. Secondo disco del duo napoletano trapiantato a Berlino, non ha l’effetto sorpresa del precedente Nuova Napoli ma conferma che Massimo Di Lena e Lucio Aquilina non sono finiti per caso a riempire locali e festival in Italia e all’estero. Nel Bar Mediterraneo di Massimo e Lucio si canta in almeno tre lingue, si suona ogni strumento e si abbracciano tutte le tradizioni. Napoli, la sua storia, la sua anima e le sue lotte, diventano ancora una volta centro del mondo. Qui trovano ospitalità, senza alcuno sforzo o incoerenza, i versi tunisini da spezzare il cuore di Marzouk Mejiri, la voce del bravissimo Marco Castello e quella sontuosa di Célia Kamenei, fino alla batteria della leggenda Tony Allen. Dal 2014, quando il progetto è cominciato (con un altro nome), la loro ricerca etnografica oltre che artistica non smette di evolversi, contaminarsi, allargare il campo e la famiglia. Trovando anche il tempo per suonare divinamente.


Bonus Track

10) Oren Ambarchi / Johan Berthling / Andreas Werliin – Ghosted

In un anno prolifico per Oren Ambarchi, il chitarrista australiano ha intensificato la collaborazione con alcuni dei suoi collaboratori più duraturi, il contrabbassista svedese Johan Berthling e il batterista Andreas Werliin. Ghosted è un’esplorazione ipnotica del groove che sembra spogliarsi nel corso delle sue quattro canzoni già straordinariamente snelle: I è impegnato e curioso; II rabbrividisce e lampeggia su un singolo ritornello armonico ripetuto sulla tastiera. L’inquietante e picchiettante III inizia a condurre il trio nell’ombra prima che IV scivoli nel regno del silenzioso doom jazz esercitato da Bohren und der Club of Gore.


Special mentions (ovvero gli album del 2022 salvati tra le playlist del mio Spotify):

Internazionali

  • The Smile – A light for attracting attention
  • Oumou Sangaré – Timbuktu
  • Binker & Moses – Feeding the machine
  • Sarathy Korwar – KALAK
  • Kokoroko -Could We Be More
  • Cécile McLorin Salvant – Ghost Song
  • Bruce Springsteen – Only the Strong Survive
  • Kendrick Lamar – Mr Morale & the Big Steppers
  • Angel Olsen – Big Time
  • Imarhan – Aboogi
  • Black Country, New Road – Ants From Up There
  • Scandinavian Music Group – Ikuinen Ystävä

Irlandesi

  • CMAT – If My Wife New I’d Be Dead
  • Jessie Buckley & Bernard Butler – For All Our Days That Tear The Heart
  • Wallis – Bird Hands
  • SOAK – If I Never Know You Like This Again
  • Telefís – A Dó

Italiani

  • Calibro 35 – Scacco al maestro
  • Paolo Angeli – Rade
  • Post Nebbia – Entropia Padrepio
  • Clavdio – Guerra fredda
  • Nicolò Fabi – Meno per meno

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Maurizio Pittau