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Solo un giovane su quattro è andato all’estero perché non ha trovato lavoro in Italia

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Scritto da Beatrice Maggi

Nel 2024 oltre 93.000 giovani italiani tra i 18 e i 39 anni hanno deciso di trasferirsi all’estero, un numero in netto aumento rispetto al 2014, quando erano circa 45.000. In dieci anni, l’emigrazione giovanile è cresciuta del 107,2%, secondo i dati ISTAT diffusi ad aprile 2025. Dietro questo non c’è  solo la cosiddetta “fuga di cervelli”, ma scelte sempre più consapevoli, progettuali e temporanee. È quanto emerge dal dossier “Giovani all’estero: tra opportunità di lavoro e voglia di crescita”, realizzato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, che sarà presentato a Genova dal 29 al 31 maggio 2025 nel corso del Festival del Lavoro.

93.000. È il numero di giovani italiani tra i 18 e i 39 anni che nel solo 2024 hanno scelto di trasferirsi all’estero. Un dato allarmante se si considera che, rispetto al 2014, la crescita dell’esodo giovanile è stata del 107,2%. Ma a sorprendere non è solo l’entità del fenomeno, quanto le motivazioni e le aspettative che lo accompagnano. A rivelarlo è la recente indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, dal titolo “Giovani italiani all’estero: andati via, ma pronti a tornare”.

Secondo lo studio, solo il 26,5% dei giovani italiani ha lasciato il Paese perché non riusciva a trovare lavoro. La maggioranza lo ha fatto per ragioni più complesse:

  • il 40,5% è partito per fare esperienze diverse,
  • il 22,5% per completare il proprio percorso formativo,
  • il 18,5% per arricchire il CV in chiave internazionale.

Una generazione, quindi, che non parte solo per bisogno, ma per assenza di prospettive a lungo termine in Italia. Un dato significativo è che, nonostante il 57,9% dei giovani si dichiari molto soddisfatto dell’esperienza all’estero, solo:

  • il 29,3% è pienamente soddisfatto del rapporto tra retribuzione e costo della vita;
  • il 19,4% valuta in modo molto positivo la qualità delle relazioni personali;
  • il 21,4% esprime un giudizio negativo sulla meritocrazia;
  • e ben il 64,8% denuncia l’alto costo della vita come principale fattore di disagio.

Nonostante le difficoltà italiane, il 67,3% dei giovani emigrati sarebbe pronto a rientrare in Italia se si creassero le condizioni adeguate. Secondo i dati del dossier:

  • Salari più competitivi (91,5%)
  • Valorizzazione del merito (78%)
  • Reali opportunità di crescita professionale (71,2%)
  • Maggiore cultura manageriale nelle imprese italiane (42,9%)

Il ritorno non è più un’illusione romantica, ma una possibilità concreta se il sistema Paese saprà cambiare passo. A dimostrarlo c’è un dato sorprendente: nel 2024, quasi 22.000 giovani sono rientrati in Italia, su un totale di circa 53.000 rientri complessivi.

Molti di questi giovani hanno scelto l’Irlanda, e in particolare Dublino, come destinazione. Attirati da un mercato del lavoro in fermento e da un contesto internazionale, si sono scontrati però con:

  • Affitti alle stelle: una stanza può costare più di €1.200 al mese;
  • Mercato lavorativo competitivo, spesso concentrato su contratti a termine o customer service;
  • Isolamento sociale, soprattutto per chi arriva senza una rete di supporto.

Eppure, per molti, l’Irlanda resta un’opportunità reale di crescita, un’occasione per costruire una carriera e una vita autonoma.

«Oggi la sfida non è solo trattenere i giovani, ma creare le condizioni perché abbiano voglia di restare o di tornare», ha dichiarato Rosario De Luca, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro. «È tempo di costruire un Paese in grado di competere e attrarre talento. Per riuscirci, dobbiamo continuare a investire sull’attrattività del sistema Italia: creando le condizioni per un lavoro sicuro e di qualità, accrescendo il potere d’acquisto dei salari e aumentando i servizi per favorire la conciliazione vita-lavoro».

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