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Ballymena in fiamme: rivolte anti-immigrati in Irlanda del Nord

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Scritto da Maurizio Pittau

Negli ultimi giorni, Ballymena, cittadina nordirlandese situata a circa 45 chilometri da Belfast nella contea di Antrim, è diventata l’epicentro di una serie di disordini violenti che hanno riportato alla memoria antiche tensioni settarie, ma che affondano le radici in un contesto contemporaneo profondamente mutato. Con circa 31.000 abitanti, Ballymena è un centro storicamente unionista e protestante, che durante i Troubles ha visto episodi di violenza settaria e che ancora oggi mantiene profonde divisioni comunitarie. Rientra nel distretto amministrativo di Mid and East Antrim ed è uno dei luoghi con la più alta densità di armi registrate in Irlanda del Nord.

Tutto è cominciato la sera del 9 giugno, quando una manifestazione organizzata in seguito a una presunta aggressione sessuale a una giovane ragazza e l’arresto di due 14enni rumeni, episodio che ha innescato proteste sfociate rapidamente in violenza. Gruppi di giovani incappucciati hanno attaccato veicoli e abitazioni, lanciando molotov e pietre contro la polizia. Sei edifici sono stati dati alle fiamme, due veicoli della PSNI sono stati distrutti e quindici agenti sono rimasti feriti. Un primo arresto è stato effettuato già nella notte. Il 10 giugno la tensione è esplosa nuovamente. Circa 300 persone hanno preso parte agli scontri, in un’escalation che ha visto l’uso massiccio di bombe molotov e fuochi d’artificio. Un manifestante si è ustionato tentando di lanciare un ordigno incendiario. Un’auto appartenente a una famiglia filippina è stata capovolta e incendiata. Altri diciassette agenti sono rimasti feriti e cinque persone sono state arrestate.

L’11 giugno, gli scontri si sono estesi a Larne, Coleraine e Newtownabbey: sono stati incendiati centri per migranti e binari ferroviari, e la polizia ha impiegato cannoni ad acqua con l’aiuto di agenti inviati da Londra. Tra gli obiettivi colpiti anche un centro ricreativo riconvertito in rifugio per famiglie in emergenza abitativa, completamente devastato dalle fiamme. Le famiglie immigrate residenti nell’area hanno iniziato ad appendere bandiere britanniche e cartelli per identificare la propria origine etnica e cercare così di evitare aggressioni. Secondo la PSNI, il numero totale di agenti feriti è salito a 41. Le autorità nordirlandesi e il Police Federation hanno definito gli scontri “crimini d’odio a sfondo razziale” e parlato apertamente di un “pogrom sventato” contro le comunità migranti. Un dettaglio che ha esacerbato ulteriormente la tensione è emerso in tribunale, dove la presenza di un interprete romeno per assistere due giovani arrestati ha scatenato commenti xenofobi sui social, alimentando la rabbia e le violenze nelle ore successive.

Le proteste, inizialmente legate a un fatto di cronaca nera, si sono rapidamente trasformate in un’espressione di rabbia organizzata e indirizzata contro i migranti. Secondo il rapporto “Mapping Far Right Activity Online in Northern Ireland”, pubblicato da CAJ, l’estrema destra nordirlandese utilizza sempre più spesso canali Telegram e piattaforme alternative per diffondere retorica xenofoba, organizzare raduni locali e reclutare giovani. Le teorie del complotto sul “Great Replacement” hanno trovato eco tra i residenti più vulnerabili alla propaganda online, soprattutto nei quartieri con maggiore disagio sociale. A rafforzare questa tendenza, uno studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT) pubblicato su Science ha evidenziato che le fake news – soprattutto a contenuto politico ed emotivamente polarizzante – hanno il 70% di probabilità in più di essere ritwittate rispetto a notizie verificate e si diffondono sei volte più velocemente. Questo dato è stato confermato anche da recenti analisi di Meta e del Center for Countering Digital Hate che dimostrano come l’odio razziale sia amplificato dagli algoritmi delle piattaforme social.

Alcuni analisti suggeriscono che dietro le violenze possano esserci anche gruppi paramilitari lealisti. La UDA South East Antrim Brigade è attiva nella zona, coinvolta nel traffico di droga e nelle estorsioni. La UVF (Ulster Volunteer Force) mantiene una presenza storica nell’area. Anche se formalmente in “cessate il fuoco”, questi gruppi conservano un’influenza territoriale rilevante e, secondo fonti locali, potrebbero aver approfittato del caos per riaffermare il proprio controllo. Marginale ma presente anche la minaccia dei gruppi repubblicani dissidenti, come Arm na Poblachta.

 

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Nel frattempo, i dati confermano che l’Irlanda del Nord sta vivendo una trasformazione demografica. Tra il 2001 e il 2023, circa 293.000 immigrati si sono trasferiti nella regione, contribuendo in modo significativo alla crescita e al ringiovanimento della popolazione. Solo nel 2023, 124.300 residenti risultavano nati all’estero, pari al 6% della popolazione, un dato in costante aumento rispetto agli anni precedenti. Le comunità più numerose provengono da Romania, India, Nigeria e Filippine, ma si registrano flussi anche da paesi dell’Est Europa e dall’Africa subsahariana. I migranti in Irlanda del Nord presentano in media tassi di occupazione più elevati rispetto alla media nazionale (circa il 72% contro il 69%), e livelli di istruzione mediamente più alti, soprattutto tra i lavoratori provenienti dall’Europa orientale e dall’Asia. Tuttavia, soffrono una maggiore incidenza di povertà abitativa: circa il 35% vive in sistemazioni sovraffollate o in condizioni abitative precarie, rispetto al 9% della media locale. Inoltre, i redditi medi delle famiglie migranti risultano inferiori del 20–25% rispetto a quelli dei cittadini nativi.

Sul piano economico, l’Irlanda del Nord registra un tasso di disoccupazione relativamente contenuto, intorno al 2,4% (dati 2024), uno dei più bassi nel Regno Unito. Tuttavia, persistono ampie diseguaglianze territoriali e settoriali. Le aree rurali e le comunità lealiste sono tra le più colpite da disoccupazione giovanile e sottoccupazione. Nele aeree dgli scontri i prezzi delle case sono rimqasti stabili, ma in Iranda del Nord il costo delle abitazioni ha registrato un incremento del 10% negli ultimi due anni, rendendo difficile per molti nuclei familiari – migranti e non – accedere a soluzioni abitative stabili. L’aumento degli affitti, in particolare a Belfast e Derry, ha esacerbato il disagio sociale. Anche la criminalità mostra andamenti preoccupanti: sebbene il numero totale di crimini sia in lieve calo rispetto al 2022, sono aumentati gli episodi classificati come hate crimes, in particolare a sfondo razziale e religioso. Secondo la PSNI, nel 2023 sono stati segnalati oltre 1.250 crimini d’odio, di cui il 37% contro persone percepite come “non britanniche”.

Sul fronte politico, la prospettiva di una riunificazione con la Repubblica d’Irlanda continua a essere oggetto di dibattito. Dopo la Brexit, l’ipotesi di un referendum sull’unificazione è tornata d’attualità, sostenuta da una parte crescente della popolazione cattolica e nazionalista. Tuttavia, secondo un sondaggio pubblicato nel 2024 dall’Institute of Irish Studies (Queen’s University Belfast), solo il 31% dei cittadini nordirlandesi si dichiarerebbe favorevole a una riunificazione immediata, mentre il 46% preferisce mantenere lo status quo. Il restante 23% è indeciso, riflettendo la complessità identitaria e culturale della regione. In questo contesto, la crescente presenza di cittadini stranieri rappresenta al tempo stesso una risorsa e una sfida: una popolazione più giovane, dinamica e globale, ma anche più esposta a discriminazioni, marginalizzazione e strumentalizzazioni politiche..

Il confronto con quanto accaduto a Dublino nel novembre 2023 e poi diffusa in varie contee irlandesi è inevitabile. Anche nella capitale irlandese la violenza scoppiò in seguito a un crimine isolato – un accoltellamento fuori da una scuola – e fu alimentata da una campagna di odio online. Tuttavia, mentre a Dublino la rabbia sembrava esplosiva e spontanea, a Ballymena il coinvolgimento di strutture organizzate, la durata degli scontri e il radicamento territoriale suggeriscono una pianificazione più precisa e una connessione con dinamiche paramilitari. A differenza della Repubblica, dove la polizia ha affrontato gli scontri con un approccio più contenuto, la risposta nordirlandese si è dovuta confrontare con una memoria ancora viva della militarizzazione.

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Maurizio Pittau